Ho trovato per caso questo interessante articolo pubblicato su Timing & Time Perception. Alcuni ricercatori hanno sperimentato come la percezione del tempo venga influenzata dall’utilizzo dei dispositivi di realtà virtuale.
A qualcuno potrebbe risultare persino scontata come affermazione, confrontandosi magari con la reazione dei propri figli dinnanzi ad un videogame che li fa “estraniare” dal cosiddetto qui ed ora, scatenando difficili discussioni su quanto tempo sia realmente passato davanti alla console. :))
Ovviamente in questo caso leggiamo di una ricerca effettuata con criteri e metodi scientifici, in cui dei ricercatori hanno “misurato” quanto l’immersività della realtà virtuale alteri la percezione del tempo, creando quella che viene definita una compressione del tempo.
Benché tale fenomeno fosse stato già affrontato in determinati ambiti specifici, in questo caso gli studiosi hanno cercato di concentrarsi sul fenomeno percettivo astraendolo dal contesto di riferimento, quindi concentrandosi proprio sulla distorsione che la nostra mente subisce con l’utilizzo di dispositivi immersivi.
Chi volesse approfondire questa tematica, credo possa trovare un interessante esempio di sperimentazione in ambito medico nell’articolo Schneider, S. M., Kisby, C. K. & Flint, E. P. (2011). Effect of virtual reality on time perception in patients receiving chemotherapy. Support. Care Cancer, 19, 555–564. doi: 10.1007/S00520-010-0852-7. in cui viene osservato come l’utilizzo della realtà virtuale modifichi la percezione del tempo in pazienti oncologici sottoposti a chemioterapia sulla base di alcune variabili messe in correlazione (es. età, sesso, stato fisico, ecc.).
Come dicevamo, in questo articolo i ricercatori hanno cercato di studiare, con un approccio statistico, l’aspetto percettivo del tempo, analizzando il comportamento di diversi studenti che si sono sottoposti a questa sperimentazione, confrontandosi con la risoluzione di una sorta di labirinto 3D (creato con Unity) in modalità VR e tradizionale.
Durante questa esperienza digitale, i partecipanti dovevano premere una combinazione di tasti quando pensavano fossero passati 5 minuti.
La ricerca ha portato alla luce un effettivo processo di compressione del tempo fra gli utilizzatori delle tecnologie VR. L’attribuzione di tale fenomeno, secondo gli autori, non è attribuibile a condizioni contestuali o emotivi nell’utilizzo delle apparecchiature (diciamo che l’entusiasmo dell’utilizzo dei visori VR potrebbe in qualche modo alterare la misurazione, ma in questo caso i risultati sarebbero stati opposti), quanto piuttosto ad una possibile minore percezione del proprio corpo a causa dell’isolamento a cui conduce l’immersività VR (l’utente non “vede” il proprio corpo, né il contesto ambientale e pertanto perde dei riferimenti su cui basare la propria percezione dello trascorrere del tempo).
Nello specifico, lo studio ha evidenziato che i partecipanti che hanno giocato tramite VR hanno utilizzato la simulazione per una media di 72,6 secondi in più prima di percepire il trascorrere dei 5 minuti rispetto agli altri partecipanti che hanno utilizzato un monitor tradizionale.
In attesa che nuovi ed ulteriori studi possano portare eventuali altre conferme a tale ipotesi, potremmo magari iniziare ad immaginare possibili applicazioni della VR in ambiti terapeutici e medici, in cui questa “compressione temporale” possa diventare funzionale all’attenuazione di patologie o donare sollievo durante terapie particolarmente intense.
Per approfondire: leggi l’articolo