E’ possibile usare l’Intelligenza Artificiale per trasformare dei semplici tratti grafici in paesaggi fotorealistici, superando così le difficoltà che una tela vuota solitamente genera in fase di concept ? Oggi possiamo rispondere di sì.
Deep Nostalgia, riporta in vita foto d’epoca
Riportare in vita foto d’epoca. Questo è il nuovo servizio pubblicato da MyHeritage che sicuramente troverà eco nei social e che susciterà la curiosità di molti appassionati.
Andando sul sito https://www.myheritage.it/deep-nostalgia è possibile, dopo una registrazione gratuita, caricare una qualsiasi immagine di un volto umano (anche di nostri cari defunti…) per vederne una piccola animazione online.
Se tale funzionalità ha ovviamente l’obiettivo di attirare clienti al sito che riunisce appassionati di genealogia (oltre a possibili altre finalità di data recording di immagini caricate) in realtà porta alla luce del pubblico generalista una importante start-up che in questi ultimi anni ha studiato e implementato importanti algoritmi basati sul face-recognition.
Prima di introdurla, cercherò di fare una breve sintesi su un argomento sicuramente molto vasto (sia tecnicamente che eticamente) a cui però dobbiamo in qualche modo approcciarci anche per raggiungere una certa consapevolezza dei sistemi che usiamo quotidianamente.
Face recognition e privacy
Con la diffusione sempre più capillare delle tecniche di face recognition applicate nei settori più disparati, si sta portando alla luce una problematica legata alla conservazione e all’utilizzo di questi dati biometrici conservati dalle società fornitrici di servizi che, se non utilizzati in modo appropriato, possono diventare materiale utile per il tracciamento e il furto della nostra identità.
Per sottolineare l’importanza della conservazione di tali dati, basti immaginare che, a differenza di altri sistemi di controllo di accesso, in caso di violazione e compromissione dei nostri dati biometrici, questi non non possono essere modificati o azzerati, come avverrebbe in caso di semplici password.
Ma pensiamo anche i servizi non prettamente legati all’autenticazione, come ad esempio le applicazioni di smart-cities, traffic monitoring, telecamere di video-sorveglianza, ecc.
Tutte queste fonti di registrazione riversano il loro flusso dati in archivi digitali che, giorno per giorno, conterranno migliaia, anzi milioni, di dati biometrici di persone che sono state – a volte addirittura a loro insaputa – registrate (e quindi potenzialmente identificabili).
Considerato questo contesto, le varie policy internazionali (fra cui il nostro GDPR) stanno includendo maggiore tutela e consapevolezza per questa tipologia di dati, classificandoli in sezioni specifiche all’interno dei propri regolamenti, cercando di dare massima tutela proprio a causa della natura fortemente personale di tali informazioni.
Tra le varie società che operano in questo contesto, troviamo una società israeliana chiamata D-ID che ha concentrato il suo core-business proprio sullo studio di algoritmi di anonimizzazione biometrica e in particolare implementando tecniche di de-Identification basate sul face-recognition.
A differenza delle altre tecniche generalmente utilizzate in tal senso, che vanno ad operare una vera e propria alterazione o cancellazione dei volti registrati (utilizzando le tecniche di blurring, pixelation, face swapping, deterioration, quality reduction and K-SAME), la società D-ID ha concepito un algoritmo che consente di mantenere intatta la riconoscibilità e l’espressività dei volti andando, al tempo stesso, a modificare solo quelle specifiche features che vengono utilizzate dagli algoritmi di face-recognition per distinguere le immagini e ricondurle alla nostra identità, producendo di fatto un’anonimizzazione digitale.
Questo approccio può essere utilizzato anche per generare degli avatar che, pur garantendo una verosimiglianza con il nostro volto originale, non consentono ai software di dedurre le nostre informazioni biometriche, la nostra etnia, provenienza o qualsiasi altra informazione riconducibile alla nostra identità (personally identifiable information).
D-ID è una delle realtà che è sotto i riflettori sia perché conta al proprio interno un advisory board di nomi illustri che possono indirizzare opportunità verso lo sviluppo di nuovi algoritmi, sia perché tali applicazioni troveranno sempre più integrazione all’interno della nostra quotidianità digitale e reale.
Per approfondire: https://www.deidentification.co/