Comprendere i legami tra i documenti: un passo verso la chiarezza digitale

Nel mondo digitale di oggi, la gestione dei documenti non riguarda più soltanto l’archiviazione. Ciò che davvero fa la differenza è la capacità di descrivere le relazioni tra i contenuti: capire come un file si collega a un altro, cosa lo aggiorna, cosa lo contraddice o cosa lo completa.

Ogni progetto complesso, che sia un’infrastruttura, un’opera architettonica o un processo aziendale articolato, è fatto di centinaia di documenti che interagiscono tra loro. Disegni, modelli, relazioni, verbali, elenchi, dati tecnici: tutti elementi che raramente vivono isolati. Spesso, anzi, un documento esiste proprio in funzione di altri.

Per questo diventa fondamentale poter esplicitare semanticamente questi legami, cioè descriverli in modo che siano comprensibili non solo a chi legge, ma anche ai sistemi che gestiscono le informazioni.

I legami più comuni sono quelli di identità, quando due elementi rappresentano la stessa informazione in forme diverse; oppure di conflitto, quando due versioni entrano in contrasto e occorre decidere quale sia valida. Esistono poi legami di alternativa, utili quando si vogliono rappresentare opzioni di progetto o varianti; e relazioni di specializzazione, con cui si esprime che un documento è un approfondimento o una declinazione locale di un altro più generale.

Ci sono anche connessioni di tipo:

  • aggregativo o gerarchico, dove più elementi concorrono a formare un insieme coerente (pensiamo, ad esempio, a un modello che comprende sottoparti indipendenti);
  • appartenenza, che consentono di raggruppare documenti o entità secondo criteri funzionali o tematici.

Altre relazioni descrivono dipendenze temporali o di controllo: un documento che sostituisce un altro, che ne chiarisce i dettagli, o che stabilisce regole e vincoli per la sua applicazione.

Tutti questi legami possono essere rappresentati in forma strutturata, sfruttando linguaggi ontologici come RDF o OWL, che permettono di esprimere connessioni tra entità in modo leggibile sia dalle persone che dalle macchine. In pratica, si costruisce una rete di relazioni, una sorta di “grammatica dell’informazione” che consente di navigare i documenti non più solo per nome o posizione, ma per significato e relazione.

Questa capacità di legare i dati non aggiunge solo ordine: aggiunge valore interpretativo. Un insieme di file collegati in modo semantico diventa un contenitore informativo coerente, capace di raccontare non solo cosa c’è, ma anche come e perché le informazioni sono tra loro connesse.

È un passo cruciale verso una gestione più intelligente e trasparente dei flussi documentali, in cui la tecnologia non si limita a conservare, ma aiuta davvero a comprendere.

Vedere il mondo come azione: la percezione diretta secondo Gibson

Riflettendo sul tema della percezione, mi sono spesso interrogato su quanto la tradizione psicologica e filosofica l’abbia trattata come un processo prevalentemente interno, mediato da rappresentazioni e inferenze. L’incontro con il pensiero di James J. Gibson ha profondamente modificato questa prospettiva, introducendo una visione radicalmente diversa del rapporto tra organismo e ambiente.

Gibson concepisce la percezione come diretta, ossia come un contatto immediato con il mondo e non come il risultato di un’elaborazione cognitiva su dati sensoriali grezzi. Il suo approccio, noto come ecologico, rovescia l’idea che il soggetto debba “ricostruire” la realtà a partire dagli stimoli. Secondo Gibson, l’informazione necessaria a percepire è già presente nell’ambiente: non è ambigua né incompleta, ma strutturata in modo tale da poter essere colta da un organismo in movimento.

Ciò che percepiamo, dunque, non è una semplice somma di sensazioni, ma un insieme di invarianti che rimangono costanti attraverso le variazioni del flusso ottico. Il movimento stesso del corpo diventa una condizione di conoscenza: muovendoci, esploriamo l’ambiente e raccogliamo informazione sulle sue proprietà. In questo senso, la percezione non è mai passiva, ma è un’attività esplorativa e intenzionale.

Un concetto centrale della teoria gibsoniana è quello di affordance. Ogni oggetto o superficie offre all’organismo determinate possibilità di azione: un pavimento permette di camminare, una tazza di essere afferrata, una scala di essere salita. Le affordances non sono proprietà oggettive né rappresentazioni soggettive: sono relazioni tra l’organismo e il suo ambiente, definite dalla compatibilità tra le caratteristiche fisiche del mondo e le capacità del corpo.

Trovo che questa impostazione sposti l’attenzione dal “come vediamo” al “perché percepiamo”. La percezione, per Gibson, non serve a produrre un’immagine mentale del mondo, ma a guidare il comportamento in modo efficace e adattivo. Vedere non è interpretare, ma agire nel mondo.

Questa prospettiva ha implicazioni che vanno oltre la psicologia della percezione. Essa invita a ripensare il modo in cui consideriamo l’esperienza corporea, il ruolo del contesto, e persino la possibilità di una percezione artificiale. Un sistema privo di corpo, di movimento e di intenzionalità — come una macchina che elabora immagini — non può percepire nel senso gibsoniano, perché gli manca il legame diretto con un ambiente da abitare.

In definitiva, con la sua teoria si può affermare che percepire significa essere immersi nel mondo, partecipare attivamente alla sua struttura e scoprirne, di continuo, le possibilità di azione. La percezione non è una rappresentazione della realtà, ma la forma primaria della nostra relazione con essa.

RASE nel BIM: come strutturare requisiti e specifiche secondo la ISO 12911:2023

Nel mondo del Building Information Modelling (BIM), la gestione strutturata delle informazioni è un requisito indispensabile per garantire qualità, coerenza e interoperabilità tra tutti gli attori coinvolti.
Il metodo RASE — introdotto e formalizzato nella norma ISO 12911:2023 — offre un approccio chiaro e sistematico per organizzare le specifiche tecniche di implementazione del BIM.

Cos’è il metodo RASE

RASE è l’acronimo di Requirement, Application, Selection, Exception.
È un modello logico che consente di descrivere i requisiti informativi in modo comprensibile, contestualizzato e verificabile, sia da persone sia da sistemi software di controllo.

Questo approccio nasce dall’esigenza di tradurre la complessità delle informazioni BIM in un linguaggio comune, che riduca le ambiguità e renda i processi più trasparenti e controllabili.

Le quattro componenti del metodo

  1. Requirement (Requisito) – Definisce ciò che deve essere soddisfatto o prodotto.
  2. Application (Applicazione) – Specifica dove, quando e in quali condizioni si applica il requisito.
  3. Selection (Selezione) – Identifica le possibili alternative o scelte disponibili.
  4. Exception (Eccezione) – Indica i casi in cui il requisito non si applica o può essere derogato.

Attraverso questa struttura, ogni requisito diventa tracciabile e misurabile, facilitando la gestione e la verifica automatizzata.

Il ruolo del RASE nella ISO 12911:2023

La ISO 12911:2023 integra il metodo RASE come fondamento per la redazione delle BIM Implementation Specifications, ossia le specifiche di implementazione del BIM.
Il framework proposto dalla norma è suddiviso in tre sezioni principali:

  • Outcomes – definizione degli obiettivi e dei risultati attesi;
  • Controls – regole e politiche di gestione delle informazioni;
  • Inputs – requisiti operativi e dati necessari alla produzione dei contenuti informativi.

Il metodo RASE permette di collegare questi tre livelli attraverso una logica univoca, riducendo le ambiguità e favorendo l’automazione dei controlli di qualità.

Vantaggi dell’approccio RASE

L’adozione del metodo RASE porta benefici concreti a chi gestisce processi BIM:

  • Chiarezza nella definizione dei requisiti informativi;
  • Verificabilità tramite controlli automatici o manuali;
  • Interoperabilità tra strumenti software e sistemi di gestione;
  • Allineamento tra le diverse figure professionali e organizzative.

In sostanza, RASE trasforma le specifiche BIM in documenti strutturati, controllabili e comparabili, favorendo una gestione più efficiente e coerente delle informazioni.

Conclusione

Il metodo RASE rappresenta uno dei passaggi chiave verso la maturità digitale del settore delle costruzioni.
Applicarlo significa adottare un linguaggio condiviso per la definizione dei requisiti informativi, in linea con la logica e le finalità della ISO 12911:2023.
È un passo concreto verso la qualità, la trasparenza e l’automazione nei processi BIM.

NVIDIA GR00T: foundation model per una nuova generazione di robot umanoidi intelligenti

Con l’annuncio di Project GR00T, NVIDIA inaugura una nuova era per la robotica umanoide, introducendo una piattaforma che combina intelligenza artificiale generativa, simulazione avanzata e hardware accelerato per fornire ai robot capacità cognitive e motorie sempre più simili a quelle umane. GR00T — acronimo di Generalist Robot 00 Technology — è concepito come un foundation model destinato a servire come cervello generalista per robot umanoidi, capace di apprendere da video, istruzioni linguistiche e interazioni sensomotorie in ambienti fisici e virtuali.

Alla base del progetto c’è l’idea di un modello multimodale in grado di generalizzare il comportamento attraverso ambienti, compiti e robot differenti, analogamente a quanto fatto da foundation model nel linguaggio naturale e nella visione artificiale. L’obiettivo di NVIDIA è quello di fornire una piattaforma integrata in grado di accelerare la ricerca e lo sviluppo di robot autonomi in grado di navigare, manipolare e interagire in ambienti complessi e non strutturati.

Il framework GR00T si integra strettamente con l’ecosistema Isaac, la piattaforma NVIDIA per la robotica, e in particolare con:

Isaac Lab
(per l’addestramento RL e simulato)

Isaac Sim
(per la simulazione fotorealistica in Omniverse)

Isaac ROS
(per l’esecuzione su robot reali).

In questo modo, NVIDIA propone una pipeline end-to-end che va dall’addestramento nel dominio simulato alla distribuzione nel mondo fisico, riducendo drasticamente il sim-to-real gap attraverso rendering avanzato, modellazione dinamica precisa e dominio adattivo.

La piattaforma è ottimizzata per girare sulla nuova generazione di moduli Jetson Thor, basati sull’architettura GPU NVIDIA Thor, capaci di eseguire modelli di AI generativa di grandi dimensioni direttamente a bordo del robot. Questo consente decisioni in tempo reale, inferenza locale e gestione di comportamenti complessi senza necessità di connessioni cloud continue — un passo cruciale per la robotica autonoma in tempo reale.

Il modello GR00T non si limita alla percezione, ma estende il suo dominio alla pianificazione motoria e alla comprensione semantica delle istruzioni, integrando moduli di NLP, Computer Vision e controllo motorio profondo. In termini pratici, questo significa che un robot addestrato con GR00T potrà, ad esempio, vedere un’azione in video e riprodurla, ricevere un comando vocale e decomporlo in sotto-azioni eseguibili, oppure apprendere nuove abilità attraverso l’osservazione.

Importanti aziende nel settore della robotica umanoide — tra cui 1X Technologies, Agility Robotics, Boston Dynamics, Figure AI, Sanctuary AI, Unitree Robotics e molte altre — stanno già collaborando con NVIDIA per l’integrazione del modello GR00T nei loro sistemi. Questo suggerisce una convergenza dell’ecosistema industriale verso standard comuni, accelerando i tempi di adozione di robot realmente autonomi in applicazioni industriali, domestiche e sanitarie.

Per approfondire leggi l’articolo

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CUDA NVIDIA e codici orfani

La sigla CUDA, ben conosciuta da chi si occupa di programmazione nell’ambito della computer graphics e computer vision, è l’acronimo di Compute Unified Device Architecture e rappresenta una infrastruttura API di accesso alle potenzialità di calcolo offerte dalla schede video NVIDIA, direttamente da codice, offrendo enormi vantaggi di scalabilità computazionale.

Rilievo integrato Chiesa S. Maria Maddalena

Lavorare su un rilievo integrato è un’attività che necessita di una pianificazione e programmazione accurata per agevolare l’integrazione di due o più tipologie di rilievo, spesso con caratteristiche e requisiti differenti.
In questo caso, il rilievo ha riguardato la Chiesa S. Maria Maddalena a Sammichele di Bari, costituita nel XVII sec. su un impianto precedente, ed è stato effettuato mediante due metodologie: Rilievo Laser terrestre e rilievo fotogrammetrico aereo.